Writings

Chiamatemi Gianfranco. Io sono artista, sono ciò che sono, sono ciò che ho vissuto e ciò che ho conosciuto, così io sono Oudeis, Omero e Dante e Joyce e Walcott, così io sono Xamul di Altamira e Ahaid di Tebe e Lunu di Mont'e Prama, sono Brunelleschi, Gehry, Mantegna, Michelangelo, Raffaello e Caravaggio e anche El Greco, Bernini, Rodin, io sono Van Eyck e Grunewald, io sono Picasso, Pollock e Klee e Kandinskij e Schifano, sono Rothko, Duchamp e De Koonig e Magritte, io sono anche tanti altri mille, sono il passato e il presente.
Il futuro saranno altri e il caso.

©2021 Gianfranco Angioni
www.gianfrancoangioni.com
angionigf@hotmail.com

malocchio prima di copertina

Malocchio, è un romanzo in cui si intrecciano vicende di persone comuni e di persone dotate di poteri paranormali.

In esso si parla di dipendenza dal gioco, di depressione e si ripropongono in qualche modo le vicende mitologiche di Giasone e Medea.

Quanto descritto avviene tra la Lombardia e la Sardegna nell’estate del 2012.

 

Giasone Marchi soffre di una patologica dipendenza per il gioco d’azzardo, ha dilapidato quasi tutti i suoi averi e deve restituire del denaro ad uno strozzino, Pelia, che lo perseguita e, a titolo di preavviso, lo fa aggredire da due malavitosi. Giasone ne è terrorizzato e decide di recarsi in Sardegna, per vendere una villetta e realizzare contanti da dare all’usuraio.

Giasone parte da Genova per la Sardegna e in nave conosce una giovane sarda, Medé. Lei mostra di sapere tanto di lui e gli fa delle predizioni.

Si lasciano a Porto Torres e Giasone raggiunge la sua destinazione, qui litiga con l’agente immobiliare che avrebbe dovuto vendere la sua villetta.

All’uscita dell’agenzia incontra Medé e Giasone pensa di avere a che fare con una persona diversa. Lei gli confida di essere una strìa, una maga, e lo sottopone a sa mexina de s’ogu pigau, un rito per liberarlo dal malocchio.

I due scoprono una reciproca forte attrazione.

Medé lo aiuta a vendere la villetta e ripartono per tornare  in Lombardia.

Nel viaggio verso Olbia, Giasone vuole fermarsi ad assistere a un palio e là scorge i due malavitosi che l’avevano aggredito sotto casa.

Viene preso dal panico e fugge. Medé lo ritrova e gli promette che l’avrebbe liberato da tale persecuzione.

Medé con un sortilegio riesce a far morire lo strozzino, ma dopo quella stregoneria non sarà più la stessa persona e cambierà anche il suo rapporto con Giasone..

Giasone scopre che di notte lei si introduce in uno strano specchio: è la porta che conduce a un mondo parallelo.

Da allora Medé  usa Giasone come osceno oggetto sessuale e ne è gelosa di tutti i suoi affetti in maniera ossessiva.

Giasone si sente stanco di lei e quando conosce Nerina Glauce,  non esita a tradire Medé.

Con le sue arti Medé viene a saperlo e, quella stessa notte, la stanza dove dorme Nerina prende fuoco e questa muore.

Nerina per Glauco aveva significato molto, si sente abbandonato e, disperato, si impicca.

Malocchio è il nuovo romanzo pubblicato da PAV edizioni a Settembre 2023.

E' disponibile sul sito dell'editore pavedizioni.it e su Amazon (sia cartaceo che Kindle

le metamorfosi imperfette prima di copertina ridotto per sito
le metamorfosi imperfette prima di copertina ver3 (1)
le metamorfosi imperfette prima di copertina ver3 (1)

Le metamorfosi imperfette

Premessa

Lo scopo ultimo delle pagine che seguono è asserire l’immutabilità della natura umana a dispetto dei condizionamenti cui l’uomo stesso la può sottoporre; anche ammettendo i mutamenti fisici e comportamentali indotti dall’evoluzione negli organismi viventi vi sono tentativi degli esseri umani per cambiarsi e per cambiare il proprio destino. Pur essendoci delle variabili, la regola immutabile delle esistenze è che vi siano eccezioni alla così detta “normalità”, si può affermare che trasformazioni rapide negli esseri viventi riescono solo nella mitologia e nella letteratura. Nel caso degli umani sono, appunto, metamorfosi imperfette.

Glauco M., il personaggio principale di questa vicenda, aveva sessantadue anni. Stanco e insoddisfatto della vita che conduceva aveva deciso di cambiarla radicalmente allontanandosi dalla sua abitazione presso Milano, dove viveva con sua moglie. L’aveva fatto senza avvertire nessuno, salvo la sua amante Sheila.

In seguito Glauco vivrà da clandestino su un’isola dell’arcipelago greco delle Cicladi; era lì da due anni ma non era contento nemmeno di questa esperienza, non più e stava decidendo di fare qualcosa di diverso.

Nella vicenda si incontreranno diversi altri personaggi: Arianna A., Maria Beata F. da tutti chiamata Angela, Scilla P. che si faceva chiamare Sheila, Alberto A. e Maria sua moglie, Nadia G. e Enrico Carlo M., Gabriele S., Cadmo, chiamato da tutti, compresa sua moglie, in tal modo perché il suo nome tedesco è impronunciabile a chi sia avvezzo unicamente ai fonemi di una lingua neolatina e Laura conosciuta come Armonia, sua moglie. Costoro sono un gruppo di suoi amici. Ci saranno pure altre comparse.

Vi è anche un narratore che interviene in terza persona.

Infine avremo la Voce: su tale ruolo il lettore ne saprà di più a tempo debito.

La scomparsa 1.0

1.1

Un ramo secco battuto a ritmo su un barattolo di latta arrugginita e una voce infantile avevano risvegliato Glauco, disteso all’ombra di un cespuglio sulla spiaggia; dormiva da una mezz’ora e non stava sopra un telo da mare ma si era sdraiato direttamente sulla sabbia e sulla schiena teneva un telo di spugna sbiadito dal sole e dalla salsedine. Nel frattempo continuava quel balletto e realizzò che quella filastrocca era in italiano: «… amica del bidone puzzone, toc, amica del bidone puzzone, toc, amica del bidone puzzà…»

Quel bimbo procedeva con attenzione poggiando i talloni, lo faceva per non scottarsi sulla sabbia calda e ripeteva quella cantilena ˗ avrà avuto una decina d’anni˗. Erano in spiaggia a Kímolos, un’isola greca; Glauco dormiva profondamente e il risveglio improvviso aveva fatto sì che ci pensasse un po’ per realizzare dove si trovava, ma presto ricordò. Viveva su quell’isola da circa due anni, in pratica dal momento della sua scomparsa.

 

Prima di addormentarsi ripensava a quella visita all’Alhambra a Granada; in quei giorni gli tornava spesso in mente l’Andalusia, là si era recato con Sheila così si rivedeva con lei nella reggia rossa. Era vivido il ricordo dell’acqua praticamente immobile della grande vasca sulla quale si rifletteva nitida e brillante l’immagine del patio tutto attorno a circondarla; nel ricordo rivedeva il panorama visto affacciandosi alle finestre, le innumerevoli stanze e i giardini.

Era stata realtà e la riviveva nella mente e, forse, sentiva nostalgia?  Magari Sheila gli mancava; no, non voleva che gli mancasse, ma perché aveva quei dubbi? Forse vivere così non gli andava più? C’era dentro e Sheila andava bene e di quanto aveva fatto non doveva rimpiangere nulla.

«Prima sognavo, mi aggiravo per una città fatta di tufo ocra chiaro con alti muri e infiniti vicoli. “Knossos” rispondeva una voce, forse la mia, che echeggiava chiaramente nella testa quando avevo chiesto dov’ero; quegli stretti passaggi erano poco illuminati e permettevano di vedere il cielo in alto sopra i muri. Era notturno e opprimente, senza stelle, io vagavo per uscire da quel labirinto, mi agitavo, mi sentivo oppresso e volevo uscirne e non mi riusciva e mi smarrivo, non ricordavo il percorso fatto e non trovavo l’uscita o il centro, provavo ansia, sapevo di non poterne uscire.»

1.2

Erano passate alcune ore prima che Angela, sua moglie, iniziasse a chiedersi dove fosse finito e a preoccuparsi seriamente. «Ciao» era stata l’ultima parola rivoltale da Glauco prima di scomparire una mattina di giugno di due anni prima, il 2010, e non fare più avere notizie di sé; non fu più visto. Nei giorni e nelle settimane seguenti venne cercato dalle forze dell’ordine con le procedure seguite di solito in caso di scomparsa: sia mostrando direttamente la sua foto in giro, sia utilizzando i sistemi informatici per rintracciarlo grazie alle tracce lasciate dall’uso dei sistemi elettronici e su internet. Avevano visionato le registrazioni dei sistemi di sorveglianza sparsi sul territorio, inclusi gli edifici pubblici e commerciali; oggi puoi prendere un aereo, no, qui lasci una traccia, oppure prendi il treno, no, anche qui c’è un biglietto, ci sono telecamere e lasci tracce dappertutto ormai; certo, chi vuole scomparire sul serio lascia poche tracce, si organizza: niente carte di credito attribuibili direttamente a un determinato nominativo e per i pagamenti è preferibile utilizzare solo contanti; e il telefonino spento, perché con i tabulati di te si conoscono vita, morte e miracoli.

Furono molti a cercarlo, a provare a ritrovarlo ma invano: l’auto si trovava nel garage e anche la sua bicicletta; in casa non mancava nulla di suo; si era allontanato a piedi o qualcuno lo attendeva per strada? Ciò non poté essere appurato. Peraltro nessuno degli amici e conoscenti sapeva o aveva avuto sentore di una sua decisione di allontanarsi. Era scomparso, sparito nel nulla, dissolto senza lasciare tracce, volatilizzato, sublimato. Dall’attimo zero di lui non se ne seppe più nulla; prima esisteva e interagiva, dopo non più e nessuno sapeva dire dove fosse finito e cosa gli fosse accaduto.

I libri Malocchio e Le metamorfosi imperfette sono disponibili sul sito dell'editore (pavedizioni.it) e su Amazon (sia cartaceo che ebook)

Cover Edible trash.indd

Edible Trash è una raccolta di 5 storie.

INDICE

- IL TEMPO ROVESCIATO

-LO SPECCHIO

- LA CHIESA GRECA

- MARONE

- HOMELESS

*

   Edible trash, rifiuti commestibili, qui non sono quanto i senzatetto recuperano dai bidoni dell’immondizia, ma anche quanto si trova nascosto nella nostra mente e che non sappiamo più d’avere. Pensieri scordati, ricordi palesi e no, sentimenti i quali ci permettono di sopravvivere e che, comunque, sono parte della nostra umanità. In essi troviamo qualcosa da dare agli altri e qualcosa che abbiamo ricevuto.

*

 

IL TEMPO ROVESCIATO

 

Uno

 

Ho sempre sognato tanto e non sempre ricordo i sogni fatti, anche se cerco sempre di ricordarli; eppure quando li faccio, i sogni sono vividi, come fossero realtà. A volte mi sveglio e se posso annoto quanto è tuttora vivo nella memoria, prima che il sonno si riprenda ogni cosa, a volte la sensazione di avere vissuto quei momenti è così forte, che a rileggere quelle annotazioni non so dire se fosse il racconto dei sogni fatti o il ricordo del vissuto. Ultimamente facevo un sogno ricorrente: in esso una ragazza mi diceva di conoscere il mio futuro, perché il suo tempo procedeva all’indietro, lei non conosceva il passato; mi parlava a lungo e mi diceva di tutto; e io mi svegliavo inquieto.

Mi chiamo Mario; a cinquantasette anni vivevo da solo dopo la fine di un matrimonio senza figli e senza amore che ero riuscito a chiudere in qualche modo; quell’esperienza mi aveva inaridito e non avevo più voglia di legarmi a nessuna, volevo avere solo delle relazioni fisiche; nient’altro. Lavoravo e scrivevo; era questo il mio principale interesse; di tanto in tanto mi recavo in una casa nell’entroterra ligure: l’avevo ricevuta dai miei ed ero riuscito a conservarla a dispetto di tutto, l’abitazione comune invece era andata alla mia ex-moglie; intanto vivevo in affitto in Lombardia; cambiavo frequentemente alloggio e paese, non volevo più affezionarmi a dei luoghi, a degli ambienti, a certi giri di persone.

Per mangiare, spesso andavo in trattoria; ultimamente frequentavo un locale dove c’era una cameriera che mi piaceva; cercavo di avere informazioni su di lei da altri avventori che sembravano conoscerla bene; a me pareva di averla già conosciuta, ma non riuscivo a ricollegarla ad alcuna persona o a situazioni del mio passato. Un giorno, per caso, venni a conoscere il suo cognome, P., e ricordai; così la fermai al tavolo e le dissi:

- Ma tu sei Maurizia P., tu lavoravi alle Nord.

Lei mi rispose: - Sì, sono io; certo, ho lavorato alle Ferrovie, ma perché me lo chiedi?

- Perché 25 anni fa ci siamo frequentati. Non ricordi?

- No, non ho molta memoria per quello che mi capita; però se lo dici sarà così.

Dopo venticinque anni era cambiata fisicamente; e anch’io, visto che non mi aveva riconosciuto, forse perché prima non portavo la barba; le ricordai qualcosa che sapevo di lei e del suo lavoro, tutte cose che mi diceva allora. Continuando a parlare e le dissi che ricordavo il suo modo di baciare nel salutarmi: un contatto rapido con le labbra semiaperte sulle mie, lei sorrise, si riconosceva in tale descrizione; ero contento d’averla ritrovata, non che tra noi ci fosse stato chissà cosa, allora avevo altro da fare che potermi dedicare a lei. Quel giorno anche se si stava preparando per tornare a casa, mi preparò un altro caffè e si fermò al mio tavolo.

 

EDIZIONE RARA

Edible Trash è disponibile in pochissime copie fino a esaurimento. Per richiesta, scrivere all'autore (angionigf@hotmail.com)

ARTE E ZEN

- Articolo pubblicato a Maggio 2021 su www.galleriamilanese.com

 

Satori, un termine che, per chi non conosce lo zen, può essere inteso solamente come un termine giapponese, ma cosa può significare per un artista?

Ecco: per esso, il mezzo per l’artista è solamente un tramite perché la sua coscienza si accordi in modo armonioso con l’inconscio.

Per un maestro zen, la conoscenza tecnica, una delle basi per essere definiti artisti, non basta, anzi, essa deve essere superata perché l’artista e la sua opera diventino un tutt’uno.

L’artista deve essere inconsapevole di creare qualcosa, il suo agire e i risultati che ottiene devono andare oltre il suo stesso essere, in questo modo artista e opera risultano essere non artista e non opera, al tempo stesso l’artista è il divenire e il divenire è l’artista.

Perché l’opera che ottiene è in lui, senza che ne abbia coscienza, così le sue opere migliori si compiono e si rivelano quando egli non calcola e non pensa.

Una lunga pratica può portarlo ad avere tanta padronanza del mezzo tecnico e se accade, ciò che ha appreso non esiste più in quanto tale, ma diviene suo patrimonio personale, allora agisce in un certo modo perché le sue conoscenze sono metabolizzate e così non ha più coscienza di quanto vuole ottenere, vuole solo dipingere o scolpire o effettuare una performance.

 

L’arte, per chi la pratica in tal modo, è un rito che attinge a risorse nascoste, della cui esistenza l’artista è spesso ignorante, ma sono risorse che lo spingono ad agire, ad operare in un certo modo che lo porteranno, infine, alla perfezione e a migliorare se stesso.

 

Quasi un’esperienza mistica.

 

 

©2021 Gianfranco Angioni

www.gianfrancoangioni.com

angionigf@hotmail.com