Writings

Chiamatemi Gianfranco. Io sono artista, sono ciò che sono, sono ciò che ho vissuto e ciò che ho conosciuto, così io sono Oudeis, Omero e Dante e Joyce e Walcott, così io sono Xamul di Altamira e Ahaid di Tebe e Lunu di Mont'e Prama, sono Brunelleschi, Gehry, Mantegna, Michelangelo, Raffaello e Caravaggio e anche El Greco, Bernini, Rodin, io sono Van Eyck e Grunewald, io sono Picasso, Pollock e Klee e Kandinskij e Schifano, sono Rothko, Duchamp e De Koonig e Magritte, io sono anche tanti altri mille, sono il passato e il presente.
Il futuro saranno altri e il caso.

©2021 Gianfranco Angioni
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angionigf@hotmail.com

AL SEMAFORO

È mattino, sono in una lunga coda al semaforo. Mi guardo attorno e, poco lontano, le vedo. Sono due ragazze, giovani e molto belle, una in jeans e bomber, l’altra in gonna e giaccone. Sono abbracciate e si baciano in bocca. Poi si separano e si avviano, una all’ingresso della metropolitana e l’altra verso la fermata del bus. Il semaforo diviene verde e ripartendo le vedo che si voltano e si salutano ancora. Paiono felici.

 

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ARTE E ZEN

- Articolo pubblicato a Maggio 2021 su www.galleriamilanese.com

 

Satori, un termine che, per chi non conosce lo zen, può essere inteso solamente come un termine giapponese, ma cosa può significare per un artista?

Ecco: per esso, il mezzo per l’artista è solamente un tramite perché la sua coscienza si accordi in modo armonioso con l’inconscio.

Per un maestro zen, la conoscenza tecnica, una delle basi per essere definiti artisti, non basta, anzi, essa deve essere superata perché l’artista e la sua opera diventino un tutt’uno.

L’artista deve essere inconsapevole di creare qualcosa, il suo agire e i risultati che ottiene devono andare oltre il suo stesso essere, in questo modo artista e opera risultano essere non artista e non opera, al tempo stesso l’artista è il divenire e il divenire è l’artista.

Perché l’opera che ottiene è in lui, senza che ne abbia coscienza, così le sue opere migliori si compiono e si rivelano quando egli non calcola e non pensa.

Una lunga pratica può portarlo ad avere tanta padronanza del mezzo tecnico e se accade, ciò che ha appreso non esiste più in quanto tale, ma diviene suo patrimonio personale, allora agisce in un certo modo perché le sue conoscenze sono metabolizzate e così non ha più coscienza di quanto vuole ottenere, vuole solo dipingere o scolpire o effettuare una performance.

 

L’arte, per chi la pratica in tal modo, è un rito che attinge a risorse nascoste, della cui esistenza l’artista è spesso ignorante, ma sono risorse che lo spingono ad agire, ad operare in un certo modo che lo porteranno, infine, alla perfezione e a migliorare se stesso.

 

Quasi un’esperienza mistica.

 

 

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